Anche nei social network il nostro paese si conferma agli ultimi posti delle classifiche europee per uso e fasce d’età
Durante questi mesi di lockdown abbiamo assistito ad una vera e propria digitalizzazione selvaggia: nel giro di poco tempo, per far fronte alla crisi, ci siamo adattati allo smartworking, alla didattica online e a mille altri cambiamenti del nostro quotidiano che si sono spostati sulla rete.
Di fronte ad un simile cambiamento si potrebbe pensare che il divario tecnologico tra Italia ed Europa si sia accorciato, ma purtroppo non è così. Stando infatti ad una ricerca di Eurostat solo il 42% della popolazione italiana è attiva sui social network.
Vuol dire che meno della metà dei cittadini utilizza internet e i suoi canali di interazione e comunicazione per rimanere collegati con il resto del mondo. La cosa non è limitata a specifiche fasce d’età: infatti anche fra i giovani tra i 16 e i 24 anni, coloro che sono praticamente cresciuti insieme alla tecnologia, il nostro Paese ha la la media più bassa d’Europa, con solo il 73% che utilizzano i social.
Per alcuni questo dato potrà sembrare positivo, una dimostrazione che gli italiani e soprattutto i nostri ragazzi non sono sempre attaccati ad uno schermo. Sfortunatamente però qui non viene presa in considerazione la quantità di tempo effettivo passata dai soggetti sui social, ma solo se una data persona ha un’account attivo, cioè che posta e interagisce con regolarità sulla piattaforma indipendentemente dalla durata della sessione. Quindi in sostanza quella che stiamo analizzando non è una statistica sulla modalità d’uso dei social, ma sulla capacità di saper utilizzare questi strumenti passando per l’uso comune.
A questo punto vi starete chiedendo perché la questione è importante.
Come penso sappiate io sono molto a favore dell’uso dei social, specie in ambito professionale, in quanto li considero strumenti utili ed estremamente potenti per far crescere un business. Questo dato però ci fa capire come il nostro Paese sia ancora indietro sul fronte digital, in quanto se la popolazione non usa i social anche in maniera blanda nella vita di tutti i giorni tanto meno sarà in grado di sfruttarli poi, insieme agli altri strumenti digitali, per il lavoro.
A questo bisogna aggiungere che, con la situazione attuale, lo smartworkig ricopre e probabilmente ricoprirà un ruolo molto importante nel mercato del lavoro a livello globale, quindi la padronanza di queste tecnologie non è più un valore aggiunto ma un requisito obbligatorio.
In conclusione per poter sperare di tenere il passo con il resto del mondo l’Italia deve colmare il gap di digitalizzazione che la tiene a freno.
La pandemia, nonostante tutto, ha dato una forte spinta in questa direzione dando vita ai primi veri progressi da anni, ma non dobbiamo assolutamente fermarci adesso.
La via per uscire dalla crisi passa attraverso l’economia digitale: dobbiamo solo essere preparati.
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